Le dune sferzate dal vento cambiano forma, granelli di sabbia si sollevano in vortici trasformando il panorama.
L’orizzonte è una linea impercettibile che si perde.
Ci sentiamo spersi, senza riferimenti, cerchiamo di avanzare verso il nulla assistendo increduli allo spettacolo di dissolvenze accelerate.
La luce acceca, la calura prosciuga e il tempo prende una dimensione surreale.
A tratti la sabbia compatta ci permette di avanzare a passo spedito, a tratti si trasforma in polvere finissima e impalpabile che ci risucchia.
Spingere, spingere e riprovare fino a quando non ci si libera dalla morsa di quella cipria.
Un dromedario sfila accanto senza scomporsi, lui è di casa.
Il vento non concede tregua, la sabbia modella strane forme e noi ci sentiamo piccoli, in balia di una tempesta, certi che presto o tardi tornerà la quiete.
Bisogna guadagnare la vetta di una duna per cercare un riferimento che permetta di procedere.
Bisogna navigare a vista alla ricerca di un segno familiare sulla linea d’orizzonte.
Poi all’improvviso tutto si acquieta. Il vento si dissolve senza preavviso.
Il cielo riprende il suo colore, la sabbia la sua consistenza e davanti a noi si materializzano pezzi di storia millenaria.
Era laggiù che volevamo arrivare, era laggiù che dovevamo arrivare.
Il dromedario ci sfila accanto, senza scomporsi.